Il naso si rivela un buon alleato per annusare la truffa: come il tartufo originario della Cina, infatti, anche il tartufo nordafricano è inodore e insapore.
Tuber Melanosporum Vitt., Tuber Magnatum Pico, Tuber Aestivum Vitt.: chi ha imparato a conoscere i nomi dei vari tipi di tartufo riconoscerà sicuramente i nomi scientifici del tartufo nero pregiato, di quello bianco e di quello estivo.
Ma se vi dicessimo che esiste anche un tuber indicum? Potreste pensare che si tratta di un tipo di tartufo che ancora non conoscete: e in parte è così. Ma quello che è davvero importante sapere è che il tuber indicum è una varietà di tartufo cinese che si sta diffondendo, purtroppo, anche in Italia, insieme al tartufo nordafricano.
Perché purtroppo? Perché il tartufo cinese e quello nordafricano, che non hanno nulla a che vedere con i tartufi nostrani, sono oggetto di numerose truffe.
Ma per fronteggiare un nemico, bisogna conoscerlo, giusto? E allora andiamo a scoprire le caratteristiche di questi falsi tartufi, per non farsi ingannare a causa del loro aspetto e non incappare nella cosiddetta truffa del tartufo.
Il tartufo cinese o himalayense
Il tartufo cinese è detto anche himalayense, perché cresce da ottobre a marzo in Cina, soprattutto nelle province dello Yunnan, Sichuan e Tibet. Diversamente dai tartufi nostrani, però, il tartufo cinese viene raccolto con una zappa di ferro, a causa della durezza del terreno, e senza l’ausilio di un cane da tartufo.
Si tratta di un metodo che risulta molto dannoso per la tartufaia e che immaginiamo farà rabbrividire i tartufai italiani e gli aspiranti tali: in Italia infatti la raccolta del tartufo avviene nel pieno rispetto del terreno, attraverso l’uso del vanghetto del tartufaio (una vanga di piccole dimensioni), cercando di danneggiare il meno possibile l’ambiente nativo del tartufo, un fungo ipogeo altamente sensibile a ciò che avviene intorno a lui.
Tartufo cinese: quando la truffa è dietro l’angolo
Il tartufo che viene dalla Cina, inoltre, è considerato una specie invasiva. Per la coltivazione nelle tartufaie, si usano spesso delle piantine micorizzate (ovvero con il fungo attaccato alle radici). Anni fa, in una tartufaia del torinese, accadde qualcosa che mise in allarme alcuni ricercatori: venne individuato, dopo alcune analisi sul suolo e sulle radici, addirittura il DNA del tuber indicum. Cosa significa? Che qualcuno, intenzionalmente o per errore, aveva micorizzato delle piantine, poi messe a dimora, con il tartufo cinese.
Dagli esperimenti in vitro, si evidenziava come il tartufo cinese fosse molto più aggressivo del nero pregiato. Questo costituisce un grave pericolo per il nostro tartufo nero. Se il tartufo cinese (o himalayense), infatti, iniziasse a invadere l’ambiente in cui cresce il nostro tartufo, potrebbe causare una diminuzione della produzione del tartufo nostrano o addirittura un’ibridazione tra varietà. Questo porterebbe con sé un grave problema di inquinamento della qualità originaria del tartufo italiano, oltre che un serio danno ecologico ed economico.
Per questo motivo, i controlli di qualità sull’analisi del DNA delle piantine micorizzate e del terreno sono fondamentali, per evitare questo pericolo e salvaguardare l’eccellente qualità del tartufo nostrano.
Tartufo cinese o himalayense vs tartufo nero pregiato: attenti alle truffe
È molto facile confondere, a una prima occhiata, un tartufo cinese con un tartufo nero pregiato: questo perché il tuber indicum somiglia straordinariamente, per l’aspetto del peridio, al nostro tartufo nero di Norcia. E quindi, come si può distinguerli? Facendo attenzione ad alcuni aspetti particolari.
Entrambi, come dicevamo, si somigliano esternamente, ma il tartufo originario della Cina sembra più liscio e gommoso al tatto del tartufo nero pregiato (che invece si presenta coriaceo all’esterno).
Inoltre, anche a livello di gleba possiamo riscontrare, soprattutto al microscopio, delle differenze importanti: il tartufo nero pregiato ha una gleba scura, ricca di venature bianche e fitte; quella del tartufo himalayense, invece, è più tendente al beige/grigiastro (si scurisce con la maturazione) e ha venature poco fitte, che tendono piuttosto al rosa pallido.
Tartufo cinese: come riconoscerlo (e quindi evitarlo)?
Oltre all’osservazione minuziosa della gleba e del peridio, un segreto per riconoscere un tartufo cinese è usare… il naso: questo tartufo, infatti, a differenza del nostro nero pregiato, è assolutamente inodore (e insapore).
Attenzione, però: se tenuto vicino ai veri tartufi neri, può assorbirne il profumo e mantenerlo per qualche ora. Spesso infatti, i truffatori mescolano i tartufi cinesi ai veri tartufi neri pregiati per permettere ai primi di assumere il profumo del tartufo nero pregiato. È consuetudine di chi mette in atto la truffa del tartufo, poi, usare anche delle sostanze chimiche, per conferire al tartufo che viene dalla Cina, e la cui commercializzazione, lo ricordiamo, è vietata per legge, lo stesso profumo di quello nero.
È anche questo che può trarre in inganno i compratori inesperti: ingannati dall’odore, si illudono di comprare magari il tartufo nero di Norcia; ma dopo qualche ora, una volta a casa, hanno un’amara sorpresa e scoprono di aver acquistato, al posto di un tartufo nero pregiato, un tartufo cinese inodore e insapore!
Per questo motivo è importante conoscere le differenze tra i due tipi di tartufo e, insieme alla prova olfattiva, osservare attentamente (anche al microscopio) il peridio e la gleba dei tartufi che stiamo per comprare. Soprattutto se ci si trova di fronte a una partita di tartufi venduti a un prezzo stranamente irrisorio, quindi sospetto, che potrebbe far pensare a una truffa.
Il tartufo nordafricano e il bianchetto
C’è un’altra varietà che rischia di fare incappare chi si accinge a comprare un tartufo fresco in una truffa. Stiamo parlando del tartufo nordafricano, detto anche tartufo della sabbia, che commercianti senza scrupoli spacciano per il nostrano tartufo bianchetto o addirittura per un bianco pregiato. Anche in questo caso, il tartufo nordafricano somiglia molto al bianchetto o al bianco pregiato – a seconda della zona di raccolta – sia per quanto riguarda la gleba (nocciola con venature bianche) che il peridio.
Come fare, dunque, per non cadere in un’altra truffa del tartufo? Come per il tartufo cinese, bisogna osservare bene il colore del peridio, che nel bianchetto maturo diventa rossastro/ruggine, e quello della gleba, che tende al marrone con venature avorio.
Anche in questo caso, il naso si rivela un buon alleato per… annusare la truffa: come il tartufo originario della Cina, infatti, anche il tartufo nordafricano è inodore e insapore. Il tartufo bianchetto, invece, emana un profumo forte, che tenderà a ricordare le note dell’aglio e del piccante.
Insomma, il modo migliore per non incappare nelle truffe del tuber indicum e del tartufo nordafricano è affidarsi solo ad aziende note per la loro serietà e il loro impegno, diffidando da chi offre tartufi a prezzi troppo convenienti; nel caso si voglia comprare un tartufo fresco a una fiera, poi, è sempre consigliabile farsi accompagnare da un esperto per un consiglio fidato sull’acquisto.
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